Roma al tempo di Alessandro VII

G.B. Falda, la vita e le opere

I divulgatori

Il Nuovo Teatro delle fabriche, et edificii, in prospettiva di Roma moderna Libro primo

Il secondo libro del Nuovo Teatro delle fabriche et edificii fatte fare in Roma e fuori

Il terzo libro del' Novo Teatro delle chiese di Roma date in luce sotto il felice pontificato ...


Giovan Battista Falda

Valduggia 1643 - Roma 1678

 

Roma al tempo di Alessandro VII (1655 - 1667)

 

Giovan Battista Falda ha contribuito, con la vasta serie di incisioni di "vedute" da lui composte nella seconda metà del XVII secolo, a divulgare un'immagine della città di Roma legata alla magnificenza e munificenza dei Papi seicenteschi: città ricca di chiese, palazzi, giardini che si affiancavano ai resti del glorioso passato. Mentre in precedenza erano le antiche rovine romane ad attrarre gli incisori, infatti dalla seconda metà del Cinquecento nacque a Roma un florido mercato di stampe volto principalmente a divulgare le gloriose vestigia del passato, nel XVII secolo vi fu una diminuzione d'interesse per la rappresentazione dell'antico già in incisori del primo '600 come Giovanni Maggi o Domenico Parasacchi. Ma è soprattutto con l'opera del Falda che il mercato incisorio venne attratto dalla città moderna, grazie al rinnovamento del tessuto cittadino dovuto all'attività urbanistica ed architettonica dell'epoca barocca. Il vedutismo attuato attraverso il mezzo incisorio, ha le sue origini nell'esigenza molto sentita a Roma di poter riprodurre in più esemplari le immagini che testimoniassero la grandezza della città, ma nel Falda a questa tradizione si unì l'intento celebrativo del nuovo splendore che le realizzazioni barocche fecero rinascere nell'urbe. L'incisore dedicò così tutta la sua pur breve vita a creare, attraverso precise ed attente vedute prospettiche, piante e stampe su avvenimenti cittadini, canonizzazioni, ingressi di pontefici e reali stranieri, un grosso affresco unitario che celebrasse nel suo insieme la nuova grandezza raggiunta dalla Roma moderna, grazie soprattutto alla geniale e lungimirante opera del papa al quale il Falda offri' i suoi servigi: Alessandro VII Chigi (1655 - 1667). Era dal tempo di Sisto V che, a Roma, un papa non si dedicava sistematicamente ad un progetto urbanistico unitario. Il papa Chigi dunque, colto ed amante dell'architettura abbellì la città di immortali realizzazioni, in sintonia con i criteri recente mente affermatisi dell'arte e della spazialità barocca e grazie alla possibilità di avvalersi della collaborazione di artisti di primissimo piano, fra i quali privilegiò il Bernini e Pietro da Cortona. Fra le opere architettoniche a lui dovute, possiamo annoverare il colonnato della Basilica di San Pietro, molto caro al pontefice che ebbe una frequentazione quasi quotidiana con il suo autore Gian Lorenzo Bernini, ma che non vide terminato a causa della sua morte, le chiese di Sant'Andrea al Quirinale, San Carlo alle Quattro Fontane, il rifacimento della chiesa della Pace e il completamento della facciata di Sant'Andrea della Valle. Il pontefice inoltre fece aprire od ingrandire vie e piazze e abbellire con fontane e monumenti vari luoghi della città, intendendo anche affermare con ciò la grandezza e la potenza del proprio pontificato. Secondo quanto affermato dal Krautheimer, nella nuova Roma concepita ed in gran parte realizzata da Alessandro VII, erano essenziali sia le strade lunghe e libere da ostacoli che creassero vedute prospettiche, che le piazze pubbliche circondate o dominate da edifici monumentali. Entrambe, oltre ad assolvere vitali funzioni di comunicazione e soddisfare esigenze pratiche, erano, secondo un'affermazione dello stesso Alessandro, "nuovi teatri" destinati ad offrire ai visitatori un grandioso spettacolo. La vita come spettacolo, la messa in scena teatrale di ogni evento e di ogni opera, sia essa effimera o duratura, che caratterizzasse il tardo barocco romano dove la stessa città è palcoscenico e le forme architettoniche che la vanno a rivestire sono quinte teatrali, tutto ciò è testimoniato ampiamente nelle incisioni del Falda. Non a caso, infatti, la sua opera più famosa, tre volumi di acqueforti sulle fabbriche, gli edifici e le chiese di Roma moderna porta il titolo di "Nuovo teatro ...": è un voler porre l'accento su quanto di spettacolare, maestoso e sensazionale le nuove costruzioni della Roma barocca offrissero allo sguardo. Inotre il termine "teatro". derivato dagli edifici antichi destinati alle rappresentazioni sceniche e conosciuto attraverso il trattato di Vitruvio, venne spesso usato dai contemporanei del Falda e di Alesandro Vll per indicare progetti architettonici di grande maestosità: è "teatro", sia nel senso di elemento architettonico che di rappresentazione scenica, il colonnato antistante la basilica di San Pietro o la nuova sistemazione della chiesa della Pace. In questo contesto il ruolo delle incisioni divenne quello di illustrare, divulgare e celebrare la grandezza della città seicentesca ed il suo fautore. La riproduzione della Roma moderna, della Roma dei papi che avevano dato alla città un nuovo splendore dopo l'antico, divenne perciò d'ora in poi lo scopo della produzione incisoria. " ... questa era anche un'impresa politica. una celebrazione discreta, ma nitida e possente, di una grandezza che inglobava dentro a sé non solo i Pontefici, ma i Corsini, i Ludovisi, gli Aldobrandini, i Chigi, cioé le più importanti famiglie di Roma ... che avevano contribuito a far grandi se stessi e la città con loro.".

 

G.B. Falda, la vita e le opere

 

Giovan Battista Falda nacque a Valduggia in provincia di Novara il 7 dicembre 1643. Già molto giovane egli manifestò evidenti doti artistiche ed una notevole propensione per il disegno così che venne mandato a bottega dal pittore conterraneo Francesco Ferrari, autore di soggetti religiosi, alcuni dei quali eseguiti per la Chiesa parrocchiale di Valduggia, nei quali risentì dei modi dei maestri piemontesi e lombardi del Seicento. A 14 anni il talento del Falda si era ormai manifestato appieno ed egli non aveva più nulla da imparare nella natia Valduggia; i genitori decisero quindi di mandarlo a Roma presso uno zio che segnalò al Bernini il dotato ragazzo. Da quel momento la vita del Falda si svolse interamente a Roma dove la sua arte ebbe modo di svilupparsi a contatto diretto con i grandi rinnovatori della sua epoca dal Bernini stesso, al Borromini, a Pietro da Cortona. Una svolta nella carriera artistica del Falda si ebbe allorchè, poco dopo il suo arrivo a Roma, egli venne notato dallo stampatore Giovan Giacomo De Rossi che, come un vero e proprio Pigmalione, si occupò del giovane, ne completò la formazione culturale e indirizzò il suo talento all'arte dell'incisione. II De Rossi infatti era un lungimirante editore e stampatore con bottega alla Pace, membro della nota dinastia di stampatori che è entrata a far parte della storia della calcografia romana fin da quando il suo capostipite, Giuseppe De Rossi, riunì i rami cinquecenteschi degli incisori della scuola di Raffaello. Nel 1738, infine, Lorenzo Filippo De Rossi vendette al papa Clemente XII tutte le matrici in rame della casa, che vennero a costituire il nucleo principale della Calcografia Camerale, fondata in quell'occasione. Giovan Giacomo De Rossi era soprattutto interessato allo sviluppo commerciale delle serie di stampe sulle vedute della città che avevano un ricco mercato perché la città moderna, grazie ai rinnovamenti architettonici attuati, costituiva un campo molto fertile di ispirazione e produzione. Il Falda incisore ed il De Rossi stampatore crearono quindi un sodalizio molto affiatato al quale si deve gran parte della produzione romana a stampa del secolo, con una fortuna paragonabile solo a quella che verrà tributata all'opera del Piranesi. Il capolavoro assoluto dell'incisore sono i tre volumi di acqueforti intitolati: "Il nuovo teatro delle fabriche et edificii in prospettiva di Roma moderna sotto il felice pontificato di N.S. Papa Alessandro VII", "Il secondo libro del novo teatro delle fabriche et edificii fatte fare in Roma e fuori Roma dalla Santità di Nostro Signore Papa Alessandro VII", ed "Il terzo libro del novo teatro delle chiese di Roma date in luce sotto il felice pontificato di Nostro Signore Papa Clemente IX" composti fra il 1665 ed il 1669. I primi due volumi, rispettivamente di 33 e 15 tavole più frontespizio e dedica, illustrano le realizzazioni architettoniche ed urbanistiche volute dal papa Chigi, siano esse nuove costruzioni che restauri, ampliamenti e miglioramenti delle situazioni preesistenti. Vi compaiono infatti vie e piazze quali quella del Pantheon o del Collegio Romano "fatta ampliare da N.S. papa Alessandro VII" come recitano le didascalie delle tavole, edifici costruiti ex novo come la chiesa di Sant'Andrea al Quirinale e la Scala Regia in Vaticano o ristrutturati quali l'esterno di Santa Maria della Pace o l'interno di Santa Maria del Popolo, chiese care entrambe alla famiglia Chigi per le cappelle fattevi costruire da predecessori e familiari del pontefice. Nel secondo libro sono presenti anche vedute delle costruzioni volute dal papa ad Ariccia ed a Castel Gandolfo. Il terzo volume poi, composto di 36 tavole, mostra le chiese di Roma fatte costruire o restaurare durante il pontificato di Clemente IX, succeduto ad Alessandro VII nel 1667; per ogni chiesa raffigurata viene indicato nelle didascalie anche il nome dell'architetto autore della costruzione o responsabile del restauro. A questa grande opera generale sulle vedute di Roma moderna, unica fino ad allora nel suo genere e che avrà nel futuro una fortuna enorme, si affiancarono altre raccolte di incisioni rivolte più specificatamente a descrivere alcuni determinati aspetti della città. "Il secondo volume dei nuovi disegni dell'architetture, e piante dè palazzi di Roma ..." inciso dal Falda e pubblicato dal De Rossi dopo il 1665 è composto di 61 tavole e fa seguito al primo volume dell'opera, inciso da vari autori su disegni di Pietro Ferrerio. In entrambi i libri sono rappresentati i prospetti di vari palazzi romani, noti e meno noti, per ciascuno dei quali è indicato il nome del proprietario e dell'architetto che lo ha costruito, accompagnati il più delle volte da spaccati e piante a guisa di un trattato d'architettura. "Le fontane di Roma nelle piazze e luoghi pubblici della città ...", raccolta di 30 tavole sulle principali e più celebri fontane nelle piazze romane: piazza Navona, Pantheon, piazza Colonna, San Pietro, Quirinale, è il primo di quattro volumi editi dal De Rossi tutti dedicati alla riproduzione di fontane: Giovan Battista Falda riuscì a curare soltanto il primo ed il secondo volume, dedicato alle Fontane delle ville di Frascati nel Tuscolano. Dalla celebrazione generale dello splendore, della grandezza, del teatro dell'intera città, il Falda passò con queste ultime raccolte a descrivere aspetti più particolari, come un palazzo od una fontana, ma l'intento è analogo: attraverso la descrizione di un singolo elemento della città si giunge ugualmente a celebrarne la grandezza totale, in quanto ogni elemento contribuisce alla visione generale. Il compito di sintetizzare l'insieme delle architetture cittadine e nel contempo di rendere un'immagine di Roma che completasse, dal particolare all'universale, il grande affresco della città è affidato alle due piante, una piccola ed una grande in 12 fogli, composte dal Falda rispettivamente nel 1667 e 1676. Dopo aver descritto la città " ... a' parte a' parte nella sua maggiore bellezza ...", si può " ... mirare ancora tutto insieme l'aspetto et grandezza di Roma ...", come affermò l'editore De Rossi nella prefazione alla pianta grande del 1676. Quest'ultima, come è stato affermato da Insolera, è da considerarsi la più completa rappresentazione di Roma nel momento centrale del periodo barocco; essa si inserisce nel filone cartografico che aveva già prodotto in precedenza le piante incise dal Tempesta o da Giovanni Maggi, ma la particolarità di quest'opera, che la renderà innovativa anche per il secolo a venire, almeno fino alla rappresentazione della città curata dal Nolli nel 1748, consiste nell'uso della proiezione verticale che consente di rappresentare nella pianta l'elevazione di palazzi, chiese e giardini con una precisione e gradevolezza mai raggiunte. "La caratteristica principale della pianta è proprio l'evidenza con cui sono messi a fuoco i particolari come se si trattasse non di una visione generale, ma di una condensazione delle vedute nei dodici fogli ...". La rappresentazione della città non è comunque costituita solo dalle opere architettoniche ed urbanistiche, ma anche dalla vita che in essa si svolge. Il Falda infatti ambientò gli edifici nel contesto della vita cittadina, arricchendo le proprie incisioni con la presenza di personaggi, carrozze e scene quotidiane e dedicò una parte della propria produzione incisoria alla celebrazione di quegli avvenimenti pubblici, quali i possedimenti papali, gli ingressi di re e regine o i Conclavi che ebbero Roma per teatro dei festeggiamenti. Un grosso tributo di Giovan Battista Falda al barocco imperante, sta anche nella celebrazione che egli fece di uno degli aspetti architettonici e scenografici più legato alle teorie del secolo: la rappresentazione dei giardini nel periodo in cui essi si erano configurati come proiezione esterna delle architetture interne di una villa o di un palazzo, natura addomesticata dall'intervento dell'uomo. Già nelle 16 tavole dedicate alle fontane nelle ville di Frascati, il Falda aveva raffigurato i giochi e i "teatri" delle acque presenti nei parchi delle ville Aldobrandini, Ludovisi e Borghese, ma è soprattutto nella raccolta "Li giardini di Roma con le loro piante, alzate e vedute ..." che egli raffigurò i principali e più famosi giardini romani da quello Medici a quello Farnese, Borghese o del Quirinale. Ogni giardino è raffigurato sia in un ariosa veduta dall'alto che in pianta ed in entrambe le riprese l'abile uso della prospettiva e l'attenzione per la riproduzione esatta, portano a dare risalto alla ricchezza e varietà di ogni particolare della vegetazione, resa come si trattassé di vere e proprie opere architettoniche. Questo volume, che può essere considerato un capolavoro del suo genere, venne pubblicato postumo, nel decennio fra il 1678 e 1688, poiché il suo autore morì, all'età di soli trentacinque anni, probabilmente per un tumore. "Perspicacissimo d'ingegno, indefesso nel lavoro, bramoso de'progressi dell'arte, a qual grado non l'avrebbe egli condotta, se morte nol rapiva sul più bello de'suoi anni e del suo avviamento? Colto peraltro da lunga e molesta infermità di vescica, andava temperando le sue pene collo studio della storia naturale, e con alcuni componimenti poetici, sinché dopo il languir di un anno, cedette al suo acerbo destino lì 22 agosto 1678 ..." .

 

I divulgatori

 

Nell'arco della sua breve vita G. B. Falda lavorò incessantemente lasciando un gran numero di incisioni sia rilegate in volume che sciolte. La morte lo colse nel pieno della propria attività ed il compito di proseguire le serie incompiute venne affidato all'incisore Giovan Francesco Venturini (Roma 1650 - 1710), già suo collaboratore nella serie di stampe dedicate alla basilica di San Pietro, da poco arricchita del colonnato berniniano e in quella sui "Disegni di vari altari e cappelle nelle chiese di Roma ...", pubblicata nel 1690 circa, continuatore fedelissimo dell'opera del maestro. Si devono al Venturini quasi per intero il terzo libro su "Le fontane ne' palazzi e ne' giardini di Roma ...", che contiene anche quattro incisioni su fontane del giardino di villa Pamphilj eseguite dal Falda prima della morte ed il quarto dedicato a "Le fontane del Giardino Estense di Tivoli ...." entrambi pubblicati dall'editore Gio. Giacomo De Rossi. Come è facile intuire, un'opera così innovativa dal punto di vista incisorio, sia per i soggetti trattati che per le angolature prospettiche delle vedute e per la contemporaneità delle descrizioni quale fu il "Nuovo Teatro ...", trovò subito molti imitatori. Uno degli aspetti, infatti, che ha contribuito a fare grande l'opera del Falda è stata la fortuna che ha riscosso e la rapidità con cui essa è stata continuata e divulgata in Italia come all'estero. Fra gli imitatori del Falda va prima di tutto ricordato Giuseppe Tiburzio Vergelli, pittore, disegnatore ed incisore nato a Recanati che già nel 1688, a dieci anni dalla scomparsa dell'artista, curò per l'editore Matteo Gregorio De Rossi, parente ma professionalmente rivale di Giovan Giacomo, un rifacimento dei tre libri del "Nuovo Teatro ..." dal titolo "Nuovo Splendore di Roma moderna ...". L'opera, anch'essa composta di tre volumi, ripropone una copia esatta delle tavole faldiane poiché fra le due raccolte si può riscontrasre una coincidenza esatta sia nei soggetti trattati che nell'ordine con il quale sono distribuiti. Il tono dell'opera è indubbiamente minore rispetto al prototipo e soprattutto le raffigurazioni in prospettiva non risultano all'altezza di quelle del "Nuovo Teatro ..." ma questa sorta di "plagio" eseguito rieditando la raccolta, oltre a dimostrare il seguito che essa ebbe, ha contribuito a far circolare maggiormente i soggetti e i temi del Falda. Una riprova ne è il celebre testo "Romanorum Fontinalia ..." edito a Norimberga da J.J. Sandrart nel quale gli incisori Hans Ulrich Frank (Kaufbeuren 1603 - Ausburg 1680), Johannes Meyer (Zurigo 1655 1712) e Suzanne Marie von Sandrart (Norimberga 1658 - 1716) riprodussero, per lo più in controparte, le tavole eseguite dal ... Viro Celeberrimo Joh. Baptista Falti, romano ... per la raccolta "Le fontane di Roma ...", accompagnandole con didascalie bilingui in tedesco e latino. Il Frank ed il Mayer inoltre riprodussero per intero anche la raccolta sulle "Fontane nelle ville di Frascati nel Tuscolano ...". Le acqueforti, eseguite dagli artisti copiando i prototipi dell'incisore italiano, risultano mediate dalla sensibilità nordica degli esecutori ed è quindi curioso vedere notissimi luoghi romani modificati ed animati da particolari e personaggi di impronta fiamminga. Anche nel corso del secolo successivo l'opera del Falda venne più volte copiata e proseguita, ad ulteriore riprova della sua validità e dell'impronta indelebile che aveva lasciato nel genere delle vedute incise. Nel 1740 venne curata da vari incisori fra i quali Martin Engelbrecht una raccolta tedesca di vedute di Roma e dintorni, con didascalie bilingui in italiano e tedesco, che consiste nella riproduzione esatta di numerose tavole del Nuovo Teatro. Infine va ricordata l'opera di Alessandro Specchi (Roma 1668 - 1729) che come architetto eseguì nel 1703 in nuovo porto di Ripetta, ma del quale è più nota l'attività di incisore. Nel 1699 egli attuò "ll Quarto libro del Nuovo Teatro delli palazzi in prospettiva di Roma moderna ..." edito da Domenico De Rossi, erede di Giovan Giacomo e composto da 50 tavole all'acquaforte che raffigurano in prospettiva vedute dei più noti palazzi romani, opera pensata, fin dal titolo, in prosecuzione dei tre libri del capolavoro del Falda.


Il Nuovo Teatro delle fabriche, et edificii, in prospettiva di Roma moderna sotto il felice Pontificato di N. S. Papa Alesandro VII

Libro primo

 

 

 

 

Il secondo libro del Nuovo Teatro delle fabriche et edificii fatte fare in Roma e fuori dalla Santita di Nostro Signore Papa Alesandro VII

Libro secondo

 

 

 

 

Il terzo libro del' novo teatro delle chiese di Roma date in luce sotto il felice pontificato di Nostro Signore Papa Clemente IX

Libro terzo